venerdì 27 febbraio 2015

Poem I wrote sitting across the table from you.


18 Marzo 2501.
Elèria, Gandhi.

Il sole primaverile filtra già caldo attraverso la finestra.

Siddartha, coi capelli pettinati da un lato e il collo teso in avanti, cerca di annodarsi decentemente il cravattino della divisa scolastica. Aspetta di aver fallito il sesto tentativo storto prima di sgusciare attraverso il corridoio in silenzio, appoggiando un orecchio sulla porta della stanza di suo padre e masticando il labbro inferiore con i sensi tesi, concentrati, finché non intuisce il suono rivelatore del liquido versato.

La camera è stata rivoltata in un disordine accogliente, dall'ultima licenza di Donald, e sul bordo del materasso sfatto Chmouel sta finendo di abbottonare una camicia a righe azzurre. Sul comodino, a sinistra del letto, un fascio di luce attraversa il vetro di una bottiglia e fa brillare l'ambra densa del liquore contenuto nel bicchiere che le è posato accanto.

« Sam, sono solo le otto del mattino. »

La voce di suo figlio induce Chmouel Beaumont a sollevare il mento con un sussulto, rivelando l'azzurro di occhi scintillanti nell'ombra delle occhiaie. Li trascina fra il suo viso ed il bicchiere di bourbon, lentamente, stiracchiando un sorriso colpevole sulle guance ispide e bionde.

« Uhn, well… non dirlo a Don, ok? »

Lo sbircia di traverso con una smorfia complice, scanzonata, mentre Sid arpiona svogliatamente i due lembi penzolanti del cravattino slacciato intorno al collo snello.

« Mi fai il nodo? »

Nove anni e un sorriso vispo, da tenera canaglia, la richiesta ha tutto il tono di una contrattazione. Chmouel apre le mani e gli fa segno di avvicinarsi, rubando un sorso di liquore prima di allungare le dita sempre più magre, sempre meno ferme, verso il colletto della divisa scolastica. Anche col tremore annidato nei polsi gli basta una manciata di secondi per intrecciare un nodo perfetto.

« Sei di corsa? »

Sid ci pensa su, mentre suo padre sfila una Ganesha dal taschino della camicia e se la incastra fra le labbra. Manca meno di mezz'ora all'inizio delle lezioni. Scuote le spalle strette e spioventi, poi la testa. Nel sorriso obliquo di Chmouel è impossibile leggere se abbia fiutato la truffa; gli fa posto sul letto e si torce su se stesso per recuperare il tech reader abbandonato sul cuscino.

« Vediamo… – sfoglia i testi memorizzati sul supporto elettronico con la punta dell'indice, allontanando la sigaretta dalle labbra per appoggiarla distrattamente sul comodino, accanto alla bottiglia mezza vuota e al bicchiere mezzo pieno; – Core o 'Rim? »

Sid scrolla le spalle, incastrando il tallone destro sul bordo del letto per appuntare il mento su un ginocchio, sbirciandolo in tralice, con un occhio strizzato contro l'invadenza obliqua del sole.

« 'kay, scelgo io. »

Chmouel piega un sorriso indulgente, assorto, scorre lo sguardo sulla pagina digitale con indolenza distratta, senza bisogno di leggere davvero, recitando a memoria.

if I had two nickels to rub together
I would rub them together

like a kid rubs sticks together
until friction made combustion

and they burned

a hole in my pocket

into which I would put my hand
and then my arm

and eventually my whole self--
I would fold myself

into the hole in my pocket and disappear

into the pocket of myself, or at least my pants

but before I did

like some ancient star

I’d grab your hand

Scandisce gli ultimi tre versi lentamente, con la voce brulicante, sospesa, e gli occhi sollevati verso Sid, che ha chiuso i suoi e mastica un mezzo sorriso mentre il calore del mattino gli bacia la schiena.

« Ti piace? »

« Non lo so… – si raddrizza lentamente, rovesciando indietro la testa per cercare una risposta sul soffitto. – è strana. »

« È una delle poesie preferite del tuo… – squaglia nella voce uno sputo d'ironia. – altro padre. »

Sid lo cerca in fretta con occhi interdetti, inarcando le sopracciglia castane a metà strada fra la sorpresa e lo scetticismo.

« … Non pensavo che a Don piacessero le poesie. »

Chmouel si stringe nelle spalle curve, tutto teso in avanti per raggiungere il bicchiere sul comodino. Si versa in gola un sorso di liquore e gli colpisce la nuca col tech reader arrotolato, stiracchiando un ghigno furbo.

« Pensa meno e corri a scuola, invece. »


28 Febbraio 2517.
Hall Point, infermeria.

Si è infilato nell'ambulatorio con l'odore di Jordan ancora addosso, incollato sulla pelle e nel naso, collassando su una sedia di metallo con l'ebbrezza sfumata in un fardello d'indolenza. Contempla il corpo addormentato di Nina in silenzio, fissando il suo petto per provare ad imitare il tempo regolare dei suoi respiri. Fuma molte sigarette, recita molte poesie, finché non gliene torna in mente una di cui riesce a ricordare solo gli ultimi tre versi. Li ripete ancora e ancora e ancora, scavando buche nella memoria in cerca di un tesoro perso, trovando solo fondi di frustrazione, finché non si addormenta con le braccia appoggiate sulle ginocchia e la fronte appoggiata sulle braccia.

I tre versi sono

but before I did

like some ancient star

I’d grab your hand

venerdì 20 febbraio 2015

That suits us well.


18 Febbraio 2517.
Hera, Cheltenham.

Le macerie del distretto di Bidston sembrano ancora fumanti, ma è solo il vento che trascina la cenere contro il cielo spento. Jamie non ci è abituato, a non vedere le stelle dal terrazzo dei casermoni di cemento, perché se ne era già andato prima che ci piovessero le bombe. Ora ne sono rimasti in piedi a manciate, la skyline discontinua sembra strappata a morsi. Soffoca il panorama dentro una boccata profonda di bloom e scaccia in fondo ai polmoni il pensiero di sua madre, che si consuma in un letto cinque piani più in basso. Ma c'è un tarlo che continua a rodergli in testa, da quando Sid è piombato sullo skyplex per caricarlo sul primo trasporto per le rovine tossiche del suo pianeta, e non lo lascia stonare in pace.

« Come hai detto che l'hai convinto, quel pezzo di merda di Xiu-zhou? Gli hai fatto un pompino? »

Lo sbircia di traverso, appendendosi in faccia un ghigno storto e spento come la volta celeste di Hera, ma non riesce a incontrare il verde metallico degli occhi di Sid, scivolati da qualche parte nel vuoto dietro l'orizzonte polveroso.

« Non l'ho convinto… – la risposta prende corpo con lentezza ineluttabile, vincendo la resistenza combattuta della lingua di Beaumont. – ti ho pagato. »

Jamie si volta con una frustata del collo, sgranando gli occhi nel disorientamento crudo che gli ha increspato i muscoli spolpati.

« Fòck, what? »

Allunga le dita ruvide per afferrare il mento di Sid e costringerlo a girarsi, strappando i suoi occhi al cielo cupo con uno strattone energico, che ne fa contrarre le labbra in uno spasmo di fastidio.

« I bought you, bái yí. »
(Idiot).

Sid scrolla la testa, trascinando indietro la nuca per liberarsi con un avambraccio premuto contro l'interno del polso di Jamie, che perde la presa sulle sue guance e bestemmia, si tira in piedi barcollando con la testa piena di bloom e un'ondata di panico nauseato arrampicata lungo le pareti dello stomaco.

« Cazzo. »

Tira la cicca per terra e spazza i capelli scuri con una mano, girandosi a cercare Sid, sputando a terra un grumo di saliva amara, quando lo vede alzarsi, per sancire un confine invalicabile e tenerlo a distanza.

« Come cazzo ti è venuto, bloody moron, cosa cazzo hai in quella testa di merda, chi cazzo ti credi di essere. Cosa cazzo… – arretra di un passo e tira indietro le spalle nel tentativo inconsistente di schivare la vicinanza. – non hai neanche una merda di nave. »

Sid gli prende le tempie fra le mani, lo strattona e lo scuote.

« Ma ce l'avrò, e quando l'avrò ti verrò a prendere. – gli preme sulla bocca un bacio asciutto. – Ascoltami, perché non ho mai fatto una promessa pensando di mantenerla e adesso invece la faccio a te, una cazzo di merdosa promessa. Prendo la cazzo di nave e ti vengo a raccogliere in questo mucchio di macerie. »

Lo lascia andare e si ritrae deglutendo, affondando le dita di una mano fra i capelli mossi per rivoltarli indietro ed arginare la frana dei boccoli sul viso.

« … quindi, alla fine della fiera, ti serve solo un pilota. »

Ti serve qualcosa, alla fine, dice la speranza sconfitta nella voce di Jamie. Dimmi che ti serve qualcosa, dice l'ombra di panico nel fondo dei suoi occhi chiari. Dice dimmi che non l'hai fatto per me, e il sorriso di Sid gli risponde, senza parlare, no, figurati, non ti metterei mai in un simile imbarazzo.

« Fòck… – Jamie scrolla la testa, rovesciando gli occhi a terra, e tossisce una risata stanca mentre sua madre muore lentamente sotto il cemento. – bloody pain in the arse. »

Sid scrolla le spalle cadenti, schiacciando l'ilarità con un morso sul labbro inferiore e raccogliendo da terra il mozzicone di bloom.

I primi raggi dell'alba bruciano il cielo di Cheltenham come la punta di una sigaretta.




… forgive me, Hera, I cannot stay.

venerdì 6 febbraio 2015

Lazy mornings.


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Certe mattine si sveglia ancora con le mani che tremano e le dita intorpidite, le pillole gli cadono e sa che per tutto il giorno il formicolio e la sensibilità si daranno la caccia lungo i suoi nervi. Non riesce più a tenere in mano un fucile di precisione come non riesce a tenere in mano le redini di questa vita che galoppa via come un cavallo impazzito. Quando non aveva scelta ha desiderato di poter scegliere fino a consumarsi il cervello. Voleva il controllo e adesso non sa gestirlo, gli sfugge tra le dita in questa corsa senza direzione e non sa più se sta nuotando verso la superficie o verso il fondo.

Certe mattine ha l'impressione di non svegliarsi affatto, di restare mezzo immerso in un mondo inconsistente di stimoli fantasma che non sa separare dalla realtà. La geometria fantastica di colori che certi profumi gli ricamano negli occhi stende sopra il mondo una patina di allucinazione che non sa ancora se gli piace o lo spaventa; come l'odore dei capelli di Nina, cristallizzato in ottaedri blu e oro, che gli lascia sulla punta della lingua una dolcezza metallica e stucchevole. La consistenza asciutta dei muscoli di Jordan che si contorcono sotto le sue dita produce un tintinnio debole di cristalli che si urtano e a volte squaglia i confini fra l'orgasmo e l'insofferenza.

Certe mattine vorrebbe infilarsi le dita nel cervello e spappolarlo come gelatina, strapparsi dagli occhi l'immagine persistente delle lentiggini che gli sono rimaste inchiodate sulla retina come il residuo di un gioco di luce troppo intenso, sniffare strisce di blast fino a farsi sanguinare il naso e scavalcare l'orizzonte in cui l'estrema lucidità precipita nel delirio. Riassaporare il gusto metallico della canna del revolver di Bo incastrata dentro la bocca, la prima volta che l'ha fatto incazzare. Rimpastare il tempo. Ritrovare la strada di casa.

Certe mattine si sveglia e ingoia una manciata di pasticche, aspettando che la testa smetta di pulsare come una ferita aperta per alzarsi ed affrontare lo specchio del bagno. Si rade con attenzione, molto lentamente, vincendo con pazienza l'incertezza delle dita intirizzite per non tagliarsi le guance. Certe mattine gli succede di metterci due, tre ore, ma non si arrende. Vince la prima guerra della giornata salmodiando imprecazioni in mandarino e torna sul letto, fuma una sigaretta, legge. Aspetta che l'insofferenza defluisca come la marea.

Infila in tasca gli ultimi rimasugli di buona volontà prima di uscire.





I could be a morning person
if morning happened to be around noon.

domenica 1 febbraio 2015

Dead end.


26 Novembre 2514.
Agatha, Mashhad.

Lo schianto di un bicchiere rotto precede di pochi, convulsi secondi la comparsa di Sid nella penombra del corridoio. La borsa piena di vestiti le cade sul pavimento, mentre Coraline si affretta a sfilare il chiavistello della porta d'ingresso, ma il tentativo di spalancare il battente viene frenato dalla pressione di una mano larga il doppio della sua. Spinge le spalle contro la parete e si volta a cercare Beaumont con il respiro compresso nei polmoni dalla collera.

« Dove stai andando. »

La voce di Sid è un brusio pacato, intriso di un'arrendevolezza a cui lei non crede nemmeno per un momento.

« Spostati. »

Lo supplica duramente, con una scudisciata di fiato nervosa, ma lui non si muove. La fissa dall'alto in basso con occhi verdi pieni di malinconia ferita, indifferente al sangue che si scolla dai polpastrelli tagliati e gocciola sul pavimento. Allunga una mano per premergliela sullo sterno e spingerlo indietro con rabbia.

« Cazzo, Sid, lasciami -- »

La sensazione viscida del sangue caldo arriva prima del lampo di dolore che le esplode dentro il polso sottile, strozzato fra le dita magre, insospettabilmente forti, che lo costringono a una torsione innaturale, spezzandole il fiato nei polmoni. Il torace nudo di Beaumont, scavato dal solco di muscoli affilati contro la pelle, singhiozza nella corsa irregolare del fiato. Deglutisce, indurendo la linea della mandibola contratta, e si sporge verso di lei con un fremito delle spalle spioventi.

« I'm asking you very nicely not to leave. »

Scandisce lentamente, con una pazienza esasperata e irreale, frantumata nella tensione febbrile della voce.

« You're fuckin' hurting me. »

Coraline cerca le dita scivolose di Sid con la mano libera e torce le spalle con forza nel tentativo di schiodarsele dal polso indolenzito, finché l'inasprirsi brutale della torsione le strappa un guaito soffocato. Si affretta a sputare fuori un sibilo senza voce.

« Mi sposo fra due mesi. »

Il sollievo che invade l'articolazione infiammata, marchiata da un'impronta di sangue sbavato sulla pelle, è più lento del ritrarsi della mano del suo carnefice. Coraline risolleva le palpebre per guardarlo scostare dalla fronte una manciata di boccoli col dorso delle nocche, senza rabbia, con una mano appoggiata contro la porta e l'aria indifferente di chi è capitato lì per caso. Lo ha visto svuotarsi in questo modo decine di volte. Sa cosa significa.

« Continui a sparire. Non mi dici dove vai. Non ti sento per mesi e poi torni e ti comporti come se non fossi mai andato via, pretendi di trattarmi come se… – ingoia un grumo di fastidio acre, massaggiando con cautela il polso indolenzito; – cazzo, come se fossi roba tua. »

Beaumont non risponde, forse non la sta nemmeno ascoltando. Libera la porta dal fermo del proprio peso e trova nelle tasche dei pantaloni un pacchetto di sigarette. Il gesto di porgergliele è meccanico ed è meccanico il gesto col quale Coraline sfila via un'Engine per incastrarsela dietro l'orecchio.

« Mi dispiace. »

Sid schiva il suo rammarico con disinvoltura indolente, scavalcando la borsa rovesciata a terra per tirarsi indietro. La sigaretta impigliata, spenta, fra le sue labbra le dice che non otterrà una risposta e le trascina fuori dalla gola una risata amara che è quasi un singhiozzo sconfitto.

« Ta ma de, Sid, you're a fucking dead end. »

Decide che alla fine neanche gliene frega un cazzo, di quei vestiti pieni del suo odore, quando schiude il battente e sguscia fuori in fretta, con gli occhi lucidi di lacrime e coraggio, annodando la frustrazione ai passi svelti con cui si lascia l'appartamento alle spalle.


2 Febbraio 2517.
Agatha, Mashhad.

Sono passati esattamente due anni dal giorno del suo matrimonio. Anche quest'anno ha trovato la stessa lettera imbucata a mano nella cassetta della posta. Nella busta di carta non affrancata non ci sono biglietti, ma non ha bisogno di una firma o di una traccia d'inchiostro per indovinare il mittente di quei regali. Coraline Ahmadi non ha cambiato il proprio cognome, quando si è sposata, ma dal suo fidanzato, dagli amici e dai parenti ha cominciato improvvisamente a farsi chiamare Lyn già un paio di mesi prima di mettere la fede al dito. Questa mattina sa già cosa aspettarsi quando rientra in casa ed apre la busta con cura, tagliando una fessura precisa nella carta per farsi scivolare sul palmo il piccolo pezzo di corallo rosso che contiene. Si dice che in tutto l'oceano di Whitmon non ne esistano due identici. Se lo rigira fra le dita in silenzio, con un brivido di angoscia irrequieta, ma aspettando che abbia assorbito il calore della sua pelle per chiuderlo nello stesso cassetto in cui sono custoditi, sotto chiave, il suo gemello eterozigote, una sigaretta e una vecchia fotografia.